venerdì 9 agosto 2013

Louis Kahn: monumentalità e spiritualità per un’architettura senza tempo

Louis Kahn
Tra i maggiori esponenti dell’architettura del XX secolo, Louis Kahn fa senz’altro categoria a sé, come avviene per i più grandi maestri d’ogni tempo. Sebbene ad oggi i riconoscimenti alle sue opere levino ogni dubbio circa l’importanza del suo lavoro come progettista, egli non raggiunse mai la popolarità di Le Corbusier, Walter Gropius e Mies van der Rohe, i nomi più blasonati del Movimento Moderno. Perché ? 


Itze-Leib Schmuilowsky nacque il 20 Febbraio 1901 in una piccola cittadina estone dalla quale emigrò, ancora bambino, con la sua famiglia alla volta degli Stati Uniti. Nel 1916 acquisì la cittadinanza e cambiò definitivamente il suo nome in Louis Khan, stabilendosi a Filadelfia, città con la quale strinse un legame particolare: nel 1924 vi conseguì la laurea in architettura presso la prestigiosa University of Pennsylvania, ebbe i primi incarichi professionali, e nel 1935 aprì il proprio atelier di progettazione al numero 1501 di Walnut Street, benché si affermerà davvero come architetto solo negli anni ’50, in età ormai matura.

Fu senza dubbio il viaggio che fece tra il 1950 e il 1951 nel Mediterraneo e il soggiorno all'American Academy di Roma che diedero propriamente inizio alla sua carriera professionale. Nell’architettura egizia e ancor più nelle rovine greche e romane, Kahn trovò la fonte d’ispirazione che divenne fondamento per il suo fare architettura. La simmetria, l’ordine, l’imponenza e la forza che gli comunicarono le piramidi, i templi greci e l’immensa eredità dell’antica Roma, lo convinsero che l’essenza dell’architettura si trovasse nella sua atemporalità, nel suo essere monumento eterno. Per avvicinarsi a questo canone, Kahn sceglie le forme geometriche primarie e l’uso di materiali semplici ed “incorruttibili” nel tempo, come i mattoni rustici, il cemento scoperto, il travertino.




Alcuni schizzi di Kahn durante il viaggio nel Mediterraneo


E’ evidente quindi che la monumentalità delle architetture di Kahn fatta di massa, muro e materia fosse quanto di più distante dagli allora attuali canoni del Movimento Moderno fatto di leggerezza, vetro, ed funzionalità. Quello che era lo slogan principale dell’International Style ossia “la forma segue la funzione” viene da Kahn sovvertito: è la funzione che si adegua alla forma, perché la forma ha come primo ruolo quello di comunicare un ordine ed un equilibrio che vanno al di là di ciò che vi si svolge all’interno. Ed è così che scale e corridoi assumono le forme euclidee del cerchio e del triangolo, come pure i soffitti a cassettoni dalle caratteristiche trame geometriche che talvolta ospitano i sistemi di luce artificiale, ma più spesso lasciano penetrare quella naturale, dando luogo a spazi interni dall’atmosfera intima e quasi sacra. I progetti per l’ampliamento della Yale University Art Gallery del 1951/53 e per il British Art Center 1969/74, entrambi a New Haven (Connecticut) ove Kahn insegnò per un certo periodo presso la facoltà di Yale, sono un perfetto esempio di quanto detto.
Yale Art Gallery
Yale Art Gallery, interni: soffitto a cassettoni e sistema di illuminazione


Yale Art Gallery, scale

British Art Center, interni
British Art Center, soffitto a cassettoni
British Art Center, luce naturale attraverso i soffitti


British Art Center, scale

Secondo Frank O.Gehry, Kahn rappresentò una “ventata di aria fresca” dal funzionalismo asettico e puramente meccanico che andava sperimentandosi in quegli anni. Ciò che di oggettivo si può trarre dalla sua opinione - essendo Gehry per formazione professionale sicuramente quanto di più in antitesi con l’International Style - è che indubbiamente Louis Khan diede forma ad uno stile inconfondibile, moderno ma dal sapore eterno, come le antiche rovine romane delle quali egli s’innamorò perdutamente.

Tomorrow’s City Hall di Filadelfia
Contemporaneamente all'ampliamento della Yale University Art Gallery, Kahn progettò la City Tower per il Tomorrow's City Hall 1952/57 di Filadelfia, edificio rimasto solo su carta che tuttavia segna l’importante svolta di Kahn verso l'approccio seriale risultante in macro strutture, celebrate in seguito con i progetti per il Kimbel Art Museum 1966/72 presso Forth Worth (Texas) e la National Assembly Building 1962/83, sede del Parlamento del Bangladesh, completato dopo la sua morte.

Kimbel Art Museum
Kimbel Art museum, interni e luce naturale

Particolarmente in quest’ultimi due progetti, fu determinante la collaborazione con due socie dello studio, dapprima l’architetto Anne Griswold Tyng, che seguì con lui il progetto per la City Tower così come quello per la Yale University e circa dieci anni più tardi Harriet Pattinson, architetto paesaggista che infuse in Kahn il senso della natura e l’utilizzo del verde, particolarmente presenti nel Kimbel Art Museum. Kahn, che rimase sposato tutta la vita con Esther Virginia Israeli dalla quale ebbe la figlia Sue Ann, tenne in realtà tre famiglie parallele. Ebbe un’altra figlia, Alexandra, dalla relazione intrapresa con Anne Tyng ed un figlio, Nathaniel, da quella con Harriet Pattinson. In un epoca in qui essere una madre single era più che uno scandalo, entrambe le amanti condussero una vita piuttosto solitaria senza mai smettere di amare Kahn.

Louis Kahn ed il figlio Nathaniel


Benché vivessero nella stessa città, le tre famiglie non si incontrarono mai se non in occasione del suo funerale. Il 17 marzo 1974, all’età di 73 anni, Louis Kahn morì stroncato da un infarto nella toilette degli uomini alla Pennsylvania Station di New York, di ritorno da un viaggio di lavoro. Per tre giorni non poté essere identificato poiché aveva con sé soltanto il passaporto, nel quale però aveva cancellato l'indirizzo. Può darsi il motivo fosse che avesse realmente deciso di lasciare la moglie, almeno questa restò sempre la speranza della compagna Harriet. Sarà comunque solo venticinque anni più tardi che i tre figli, ormai adulti, ebbero modo di rincontrarsi in occasione della volontà di Nathaniel di girare un film sulla vita del padre.

My Architect, nomination agli Oscar 2004 come miglior documentario, racconta il viaggio intrapreso dal figlio alla scoperta delle opere di Louis Kahn, che morì quando lui era solo undicenne. Visitando personalmente i luoghi e gli edifici più celebri legati al suo nome, e specialmente intervistando amici, colleghi e persone che ruotarono attorno alla sua vita, Nathaniel trovò in questo film un modo per conoscere suo padre, l’uomo dietro il mito


Discorso di Nathaniel su "My Architect" - sottotitoli in italiano

My Architect, copertina del dvd
A detta di tutti, “Lou” era eccezionalmente carismatico, un artista eccentrico, geniale, ostinato, ma al contempo disponibile ed affettuoso, incapace tuttavia di amare a sufficienza i propri cari. Totalmente dedito al lavoro, cui trasmetteva un assoluto coinvolgimento personale, Kahn vi trasferiva le manchevolezze della vita privata che non riusciva a risolvere. La sua maniera di onorare i materiali spesso era un atto di sincerità costruttiva, poiché desiderava che fosse chiaro il funzionamento di ogni singolo componente. Quando qualcosa mutava, anziché eliminarla Kahn la sublimava, anziché nascondere le difficoltà le esaltava per impossessarsene. L’uso del cemento non rifinito, ma volutamente esposto in superfici grezze e ruvide può ricordare il volto stesso di Kahn, segnato per tutta la vita da profonde cicatrici causate da un incendio che lo sfigurò da bambino, cicatrici che egli mai tentò di nascondere. L’anima di Kahn risiede nelle sue architetture più celebri e la sua spiritualità, che andava ben oltre l’essere ebraico, è realmente tangibile solamente visitando gli spazi da lui progettati.

Volto di Louis Kahn segnato dalle cicatrici
Cemento non rifinito utilizzato in moltissime sue opere
L’istituto di ricerca Salk Institute for Biological Studies, commissionatogli nel 1959 presso La Jolla in California sulle rive dell'Oceano Pacifico, dimostra appieno questi concetti. Il vasto cortile interno, che incredibilmente evoca la maestosità di una cattedrale, era stato inizialmente pensato alberato, ma in seguito, su consiglio dell'architetto messicano Luis Barragan, Kahn scelse di lasciarlo spoglio. Rivestito in travertino, esso è tagliato in lunghezza da un sottile canale d'acqua che attraversa il cortile per gettarsi in una serie di vasche sottostanti. La forte orizzontalità di questo spazio arioso e la verticalità delle Study Towers - adiacenti al cortile e disposte in maniera simmetrica con muri ad angoli di 45° dalle quali si traguardano scorci spettacolari - suscita nel visitatore un sentimento di equilibrio, di spazio assoluto e atemporale molto affascinante. Sono più che riconoscibili i segni delle casseforme utilizzati per i getti di calcestruzzo, che tuttavia restituiscono nel complesso delle eleganti superfici alle quali in alcuni punti, come appunto nelle torri laboratorio, sono stati affiancati pannelli di legno Teak.




Istituto Salk
L’ultima tappa del viaggio di Nathaniel fu alla volta della National Assembly of Bangladesh, sede del Parlamento ed ultimo nonché più vasto progetto di Kahn, completato nove anni dopo la sua morte. Ci vollero ben 25 anni per terminare i lavori totalmente eseguiti a mano, e nel 1971 durante la guerra d’indipendenza dal Pakistan, l’edificio venne risparmiato dai bombardamenti poiché scambiato per una antica rovina. Accettare l’incarico di realizzare l’istituto per la democrazia del paese, fece di Kahn un mito e gli valse l’immensa riconoscenza tra la gente, intervistata da Nathaniel in occasione delle riprese per il documentario che tutt’ora lo ricorda con affetto. La caratteristica principale dell'edificio è la presenza monumentale delle grandi masse di calcestruzzo, che ricercano ancora una volta la propria espressione ideale nelle forme perfettamente geometriche: il cerchio, il semi cerchio, il quadrato ed il triangolo. Per l'edificio dell'Assemblea, Kahn scelse un mattone rosso prodotto da una fabbrica locale ed egli ha altresì utilizzato tecniche indigene locali per le dotazioni impiantistiche.






National Assembly of Bangladesh, viste esterne






National Assembly of Bangladesh, viste interne


L’eredità lasciata da Louis Kahn non è affatto trascurabile. Sebbene, come detto, non condivise mai i canoni formali dell'International Style, a posteriori possiamo senz’altro riscontrare quanto i suoi progetti abbiano in realtà significativamente influenzato i suoi contemporanei ed in particolar modo lo sviluppo post-moderno dei decenni successivi. Robert Venturi fu suo allievo; Tadao Ando gli deve, almeno in parte, l’utilizzo del cemento a vista ed il ruolo della luce nel definire spazi stereometrici; l’architettura High Tech anni ’60 di Renzo Piano, Norman Foster e Richard Rogers trovò sicuramente ispirazione nella sperimentazione delle macrostrutture che Kahn propose con nel progetto per la City Tower.


Tracciando un percorso individuale e possiamo dire filosofico, che nella purezza delle forme e dei materiali ricerca l’essenza e la solennità dell’architettura, le opere di Louis Kahn appaiono davvero come capolavori senza tempo, e fanno indiscutibilmente di lui uno dei grandi maestri dell’architettura del XX secolo.

Louis Kahn al tavolo da lavoro



1 commento:

  1. Buongiorno e complimenti per l`articolo, veramente ben scritto con ottime informazioni su Kahn,
    se pensate che possa essere utile, qui trovate un articolo sempre su Kahn che abbiamo appena pubblicato: http://progettoristrutturare.it/louis-kahn/

    spero che possa esservi utile

    grazie mille
    dom

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